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Sembrava solo un campo da Basket…invece è una vittoria collettiva contro la rassegnazione

Intervista a Renato Accorinti, ex sindaco di Messina. Di Daniela Giuffrida

Sembrava fosse solo un campo da Basket, quel ritaglio di città posto all’interno della zona Falcata di Messina, in quella striscia di terra a forma di falce che dal cuore della città si allunga in mare aperto diventandone il suo bellissimo porto naturale. Proprio in quest’area della città, nei pressi della cinquecentesca lanterna del Montorsoli, è sorto per volontà del già sindaco di Messina, Renato Accorinti, il Campo Libero da Basket “George Floyd 8’46”.

In quel piccolo spazio inutilizzato, adibito una volta a parcheggio, è nato un playground, un campo libero da basket gratuito che in pochissimo tempo è diventato un esempio di “Bene comune” destinato all’intera collettività e dopo due anni dalla sua inaugurazione, avvenuta il 3 settembre del 2020, è diventato anche il simbolo di una vittoria collettiva contro l’indifferenza e il rassegnato permissivismo che purtroppo, oggi, regnano ovunque indisturbati. Un importante “simbolo” di condivisione che merita di essere preso in considerazione dai semplici cittadini a tutte le Amministrazioni pubbliche che vogliano davvero creare luoghi di aggregazione recuperando e dando nuova vita a spazi inutilizzati in cui si possano svolgere attività sportive, ludiche e socializzanti.

Questo è il pensiero che ha ispirato l’ex sindaco di Messina il quale, gentilmente si è fermato a raccontarci.

* Buonasera Renato, è davvero bello il campo stasera con i tabelloni e i canestri nuovi: le luci che lo illuminano diffondono bellissime ombre sui murales di Daniele Campagna, sembra che diano nuova vita ai simboli della Pace, della Nonviolenza e dell’Antirazzismo che hai voluto fossero ritratti sul muro di recinzione.

“Sì, si tratta dei volti di Martin Luther King, del Mahatma Gandhi, di Kobe Bryant, icona del basket americano e quello dello stesso George Floyd, l’afroamericano assassinato da un poliziotto a Minneapolis nel maggio del 2020: a quest’ultimo ho voluto che fosse dedicato il campo.”

Perché hai scelto proprio i loro volti?

“Ho scelto i volti di grandi uomini che sono stati dei fari per l’intera umanità, per aver indicato la via verso i più alti valori universali di Pace, di Nonviolenza e contro ogni forma di Razzismo. Ho voluto in tal modo ricordare il loro esempio, perché sia un invito per i giovani e per chiunque si approcci al playground a proseguire nella ricerca e nell’applicazione concreta, ognuno nella propria vita, di quei valori e diritti universali che essi, insieme a tanti altri, hanno perseguito.”

Vuoi raccontarci la storia del Campo Libero dal suo inizio ad oggi?

“Sì, quello per arrivare al Playground di oggi è stato un percorso iniziato tre anni fa non senza qualche difficoltà. Durante il mio mandato di sindaco (2013-2018) avevo preso l’impegno con i miei concittadini di utilizzare i soldi guadagnati in quei cinque anni in progetti per la collettività. Ebbene, fra questi vi era quello di un impianto sportivo fruibile da tutti gratuitamente. Una volta concluso il mio mandato nel 2018, ho cercato di trovare uno spazio adatto dove realizzare il campo da basket e, dopo un anno, ho trovato questo luogo. Era un parcheggio inutilizzato dai cittadini, nel cuore della città. Grazie alla volontà e all’attiva collaborazione di Antonino De Simone e Mario Mega, ultimi due presidenti della Autorità Portuale, abbiamo ottenuto la concessione di questo spazio registrata a nome della Amatori Basket Messina, una società che da 50 anni opera in questa città. A questo punto, abbiamo costituito un gruppo di lavoro con giovani messinesi ed altri della stessa società di Basket e nel 2020, nonostante i limiti imposti dalla pandemia, il campo è stato realizzato e il 3 settembre dello stesso anno, lo abbiamo inaugurato.”

É diventato subito parte della città?

“Sì, per due anni bambini, ragazzi e adulti hanno potuto utilizzarlo dalla mattina a notte inoltrata grazie agli impianti di illuminazione che, come vedi, si accendono automaticamente all’imbrunire.”

Quindi un impianto in cui si può giocare 24 h. al giorno. Ma è davvero così importante lo Sport nella vita “sociale” di una città?

“Sono stato insegnante di Educazione Fisica, ho fondato una società di atletica leggera (Polisportiva Movimento Nonviolento) e conosco il valore dello Sport, quello che oltre al divertimento e a far bene alla salute, offre la grande possibilità di socializzare, di creare una sorta di vita collettiva in cui si impara a vivere. Perché se la vittoria fa bene e regala grandi soddisfazioni poiché è frutto del duro lavoro fatto in allenamento giorno per giorno, ancora di più (se sai “leggerne” il significato più profondo) ne regala la sconfitta, questa infatti insegna a riconoscere con umiltà i propri limiti ma anche le qualità e le capacità dell’altro e, soprattutto, insegna a sapersi rialzare e a ritrovare la forza di ricominciare con entusiasmo: perfetta metafora della vita.

Ogni giorno siamo invasi da storie negative ed è diventata normalità che i titoli dei media siano sempre pieni di notizie devastanti. Queste finiscono col provocare in noi tutti un effetto deprimente che, a lungo andare, ci logora oltremodo.

Per carità non possiamo né dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia e far finta di niente: noi dobbiamo conoscere il dolore ed il male del mondo ma per reagire, combatterlo e rilanciare. E’ anche per questo motivo che dobbiamo cercare e “trovare” la parte positiva che è in ognuno di noi ed unirla a quella degli altri così che si possa generare un’unica e potente “forza propositiva”, capace di cambiare radicalmente le cose, avviandole verso una reale e nuova visione della “bellezza” insita nel Bene comune. Noi tutti “insieme” possiamo farlo.”

Dopo due anni però il campo non è stato più agibile: i tabelloni sono andati distrutti per colpa dell’acqua, del sole, del vento e forse anche dell’eccessivo entusiasmo di qualche giocatore “focoso”, voi cosa avete fatto?

“Noi abbiamo subito reagito. Riparare il campo non prevedeva una grossa spesa, avremmo potuto provvedere noi a quel migliaio di euro sufficiente alle riparazioni, ma abbiamo scelto la strada della responsabilità e della condivisione. Questa idea ha funzionato: è stato chiaro a tutti fin dal primo giorno di vita del campo che si trattava di un Bene comune, il cui “valore” travalica i confini del territorio di appartenenza di ognuno e così vi è stato un coinvolgimento generale incredibile. Da diverse parti d’Italia sono arrivati segnali di partecipazione sotto forma di contributi in idee ed anche economici permettendoci così di realizzare il doppio obiettivo: il primo, quello più importante, che ci ha permesso di stringerci intorno al grande valore del Bene comune e volare alto e poi il secondo, quel contributo economico che ha permesso la ristrutturazione fisica e quindi la riapertura del campo.”

Cosa pensi degli atti di vandalismo? Anche questo campo ne ha subìto uno prima della sua inaugurazione, quando i murales sono stati sfregiati con frasi violente e razziste.

“Il vandalismo è spesso argomento di studio e di discussione perché atti vandalici purtroppo si verificano in tutte le città del mondo. Io credo che gran parte di questi gesti arrivino da persone che rappresentano l’anello debole della società perché, sopratutto in fase evolutiva, non hanno avuto la “fortuna” ed il “diritto” di godere di quella parte affettiva, educativa e culturale che rappresentano l’essenza per una sana crescita. Per quanto riguarda ciò che è avvenuto al nostro playground prima dell’inaugurazione – le scritte che hanno “sporcato” e deturpato i murales – noi abbiamo reagito in coerenza con quanto appena detto: abbiamo ripristinato tutto (grazie all’intervento dello stesso autore), togliendo le frasi razziste e ridipingendo i volti sfregiati. Nel frattempo, ci siamo accorti che fra le scritte che gli autori dell’atto vandalico avevano segnato sul muro, cen’era una che era stata “corretta”, ulteriormente, da sconosciuti, la notte successiva al nostro primo rinvenimento.

Noi avevamo scritto sul muro il moto dei “Black Lives Matter” (Le vite dei neri contano), gli autori hanno “corretto” quel Black con la parola “Arian” dando a quel motto un significato palesemente ed odiosamente razzista. Quella notte stessa però qualcun altro si è introdotto nel campo ed ha corretto ulteriormente quella scritta, trasformandola da “Arian” ad “All”, dando a quel motto un valore aggiunto, inclusivo ed universale: “Le vite di tutti contano”. Il nuovo significato assunto da quel motto ci è sembrato importante ed abbiamo deciso di lasciarlo.”

Quando una persona compie un atto di vandalismo o di bullismo la prima reazione istintiva di una gran parte della Società è quella di punire severamente il suo autore: ma è questa la soluzione? Sparisce così il problema?

“Assolutamente no: il vandalismo proprio come il bullismo e tutti gli altri atti compiuti contro un Bene comune della Società o a danno delle persone, sono evidenti reazioni ad uno stato di malessere. Si tratta di veri segnali di allarme che non sappiamo riconoscere e decifrare ai quali reagiamo utilizzando solo la durezza primitiva della “clava”- che non solo non risolve il problema ma lo aggrava – invece di intervenire sulla sfera affettiva, educativa e culturale, fattori che incidono sulla radice del problema.

Per fare chiarezza ed evitare fraintendimenti devo dire che non si tratta di “buonismo”. E’ ovvio che ogni azione violenta che danneggia persone e/o cose non può e non deve restare impunita: la legge ed il diritto vanno rispettati sempre. Ma se ci fermassimo solo all’applicazione della pena sarebbe un fallimento: dare invece la possibilità di riscatto è semplicemente giusto. Del resto anche per quanto riguarda le pene più gravi la Costituzione Italiana (art.27 comma 3) è molto chiara: “le pene devono tendere alla rieducazione”.

E’ vero, cercare di prevenire queste problematiche ed impedire che vengano operati atti di vandalismo ed altri illeciti implica un vero e lento processo formativo ma se intervengono tutti i luoghi “educativi” ed il resto della Società, i tempi si possono ridurre e, certamente, anche “prevenire” sarà più facile. Per questo è importante che ognuno di noi si impegni e faccia la propria parte perché l’indifferenza è peggiore del male stesso.”

Quindi, Renato, concludendo?

“Concludendo? Stai scherzando? – ride di gusto il nostro “sindaco pacifista” e la sua risata sa di pulito – Questo è solo l’inizio!

Vedi, è stato davvero confortante aver avuto come risposta la condivisione di tante persone ed associazioni da tante parti d’Italia che con il loro affetto e coinvolgimento – anche economico – hanno partecipato al nostro progetto di ristrutturazione del campo. Perciò tutto questo è soltanto l’inizio. io vorrei che questa esperienza diventasse “virale”, un progetto che impegni ogni cittadino ad un ruolo attivo in seno alla società. Cercare e trovare luoghi inutilizzati della propria città per renderli “vivi”: spazi in cui le persone possano incontrarsi e crescere “umanamente” tutte insieme.

Ricordiamoci che il Bene è sempre contaminante, molto più del male!”