Ndr. Muore Diego Maradona e ci assale il panico. Dovremmo scrivere un articolo per celebrare l’eterno fenomeno del calcio. Ma come si fà ? Ci assale la consapevolezza che non ne abbiamo nè le qualità nè le capacità per farlo. Noi poveri e piccoli informatori di massa con la convinzione o l’obiettivo di essere buoni giornalisti non ce lo possiamo permettere. Una morte così non può essere affidata ad un giornalista anche se il dovere lo chiama a scrivere di DIEGO per il suo giornale o giornaletto che sia. La celebrazione della morte di DIEGO può essere affidata solo ad uno scrittore, e rigorosamente bravo, per risultare credibile e leggibile. Una scomparsa di tale portata non può appartenere solo alla penna dei calciofili. Troppo grande l’impresa per risultare interessante. Per questo noi abbiamo cercato il nostro scrittore fra i tanti che hanno celebrato DIEGO e ci siamo affidati alla sua accertata credibilità e al suo (per noi) inimitabile spessore umano e professionale.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 31 marzo 1958) è uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano, così scrive per ricordare MARADONA
Non è vero.
Non ci credete, vi prego.
È una notizia falsa, una di quelle maledette fake che inquinano la percezione della realtà, e conducono in un territorio che è pura follia. Non credete a questa cosa.
Anche in un anno maledetto che si è portato via centinaia di migliaia di persone, che ci ha privati del sorriso di Gigi Proietti, della simpatia di Franca Valeri, dei sogni di Luis Sepulveda e del fascino di Sean Connery, è assolutamente impossibile che sia accaduto anche questo.
Accettare tale notizia significherebbe credere che il grande ribelle, l’uomo che seppe inventare daccapo un gioco che si credeva completo, il vincitore nella terra dove non si è vinto mai possa cadere, sia mortale, abbia un corpo martoriato da una vita così intensa da valerne dieci o cento tanto da chiudere gli occhi e da smettere di respirare.
Impossibile.
Perché stiamo parlando di una persona che da sola, in maglietta e calzoncini, seppe ispirare una rivoluzione che abbatté i consolidati palazzi del potere, uno sberleffo in faccia a chi credeva che mai e poi mai sarebbe successo che in uno sport di squadra uno da solo, senza nemmeno un fisico bestiale o le sembianze di un supereroe, fosse capace di portare alla vittoria sgangherate armate altrimenti senza speranza.
Come credete possa morire, uno così? Uno che sotto gli occhi del mondo intero ripagò un nemico di una guerra di terra e di mare, per combattere il quale erano morti tanti ragazzi argentini, alzando una mano compensativa della differenza di altezza del portiere e avendo poi la furba intelligenza di riferire alla «mano de Dios» quell’invenzione. Uno che D10s venne chiamato da allora, giocando sul numero di maglia e sulla divinità del suo gioco, come pensate che possa cedere a un misero grumo di sangue in testa? Uno che legittimò quel gesto pochi minuti dopo, facendo ingoiare le recriminazioni ai soloni brontolanti coi dodici tocchi del gol più bello della storia del calcio, come pensate possa chiudere gli occhi?
Non è possibile lasciarlo andare. Perché un cuore così grande da contenere tutti i bambini del mondo, da rotolarsi nel fango in un’amichevole al culmine della propria gloria, sfidando la sorte e gli infortuni, per trovare i soldi per operarne uno gravemente malato, non si fermerà mai e continuerà a battere nei sogni di ogni innamorato del pallone, perché del pallone è l’essenza stessa.
È una notizia falsa. Perché l’uomo che è il cittadino più illustre di una città nella quale solo per caso non è nato non può non tornarci, per essere ancora abbracciato e per ricevere l’amore e i sorrisi anche di quelli che sono nati dopo e che non lo hanno visto disegnare poesia sull’erba, e poi non tacere le proprie scomode opinioni per tutto il resto della vita, pane al pane, essendo sempre generoso oltre il limite dell’autolesionismo. Non può non tornare nella città che gli giustifica qualsiasi eccesso in nome di un amore immenso, che è un decimo della gratitudine che essa deve a un uomo che ha insegnato che si può vincere essendo se stessi, difetti e ferite inclusi, perché mai è esistita e mai esisterà un’imperfezione così meravigliosa e gigantesca. Perciò per favore, non credete a questa assurda notizia.
Noi aspettiamo di vederlo tornare, più ribaldo e onesto che mai.
L’amore, sapete, non muore. Mai.