MEMORY ~ Sergio Campolo: “Amo stare fuori dalle righe. Hanno avvelenato il calcio”
Sergio Quinto Campolo, centrocampista classe ‘72, inizia la sua carriera calcistica nel quartiere di Condera(RC). Cresciuto nella squadra della sua città, la Reggina, debutta in Serie B il 19 maggio 1991 disputando tutti i 90 minuti in Reggina-Barletta (2-0).
“Esordire con la maglia della tua città – spiega Campolo – sicuramente ha un’importanza particolare e ti da una soddisfazione emotiva senza pari, basti pensare che qualche settimana prima del mio esordio ero con i miei amici storici in curva a tifare la squadra. A livello calcistico – afferma – sono stato sempre fuori dalle righe e, nelle squadre dove ho militato (Reggina, Fiorentina, Pistoiese, Giulianova, Ancona, Perugia, Catania, Messina e Catanzaro), ho cercato di far prevalere le prerogative del gruppo, al servizio dello spogliatoio
-Nel 2000 dopo una breve parentesi al Catania, arrivi al Messina dove disputi una stagione in Serie C1 e tre stagioni di Serie B ottenendo la promozione in massima serie da capitano. “Sicuramente – racconta – l’esordio a Messina non è stato bellissimo per il periodo che attraversavo personalmente, avevo lasciato una piazza importante come Perugia dopo che Gaucci mi aveva trasferito prelevandomi dal Catania. L’aggravarsi della salute di mio fratello non mi permise di proseguire l’avventura in rossoblu e, complice anche il periodo di Gaucci, non c’erano le condizioni per poter proseguire il progetto che il presidente si era imposto a Catania. In considerazione della mia situazione familiare – prosegue – stavo persino per smettere di giocare. Avevo bisogno di stare vicino casa, per questo c’erano stati dei contatti con il presidente della Reggina, purtroppo non andati a buon fine. Provvidenziali furono le telefonate di Nicola Salerno e Ciccio La Rosa (mio compagno nella Reggina) in cui venne fuori il lato umano, determinante per gli anni a Messina fatti di sacrifici e di tantissime soddisfazioni. Ricordo ancora l’incontro con Aliotta nell’attico di fronte alla Caronte, mi disse “noi ti prendiamo per la serie B, sei vicino casa e ti faremo ritrovare la voglia di giocare ed io risposi, allora avete sbagliato persona perchè io voglio giocare in A e fare il derby con la Reggina nella massima serie. A questa mia risposta, Aliotta, di fronte a me, chiamo Salerno e La Rosa e disse loro: “fatelo firmare subito”. Ci accordammo per un contratto non faraonico, chiesi il rimborso spese e poi, se avessimo vinto il campionato, avremmo fatto il contratto in maniera giusta. Furono tutti di parola. La squadra ed i ricordi del “Celeste” restano indimenticabili, quel campo lo considero il mio campo. Ricordo con affetto persone del calibro di Ciccio Currò, Turiddu Fazio e tanti altri, molti di questi ormai non ci sono più, ma potrei raccontare tantissimi aneddoti legati a quel campo che era la nostra fortezza e per molte squadre ospiti era dura giocare in quella bolgia contro una squadra formata da grandissimi professionisti e grandi uomini”.
-In seguito giochi un’ultima annata in cadetteria a Catanzaro, rescindendo il contratto dopo 5 presenze e decidendo di chiudere la carriera in anticipo “Si, avevo subìto – come lo stesso Campolo spiega – sei interventi e non mi andava di rubare soldi a nessuno, specialmente nella mia terra. Così come considero Messina la mia terra, anche per Catanzaro è così, è parte importante della Calabria. Non credevo in quella società, nei casini che stavano facendo e soprattutto in persone che erano solo di facciata, tutto erano tranne che uomini. Decisi di essere pagato fino all’ultimo giorno in cui mi allenai. In quella squadra c’erano personaggi che dovettero uscire nascosti dietro i borsoni dei giocatori dell’Ascoli, mentre io fui accompagnato dai tifosi fino alla macchina con i ringraziamenti per quanto avevo fatto ed, ancora oggi, con qualche tifoso di allora sono ancora in buoni rapporti. Segno che per me, nella vita, conta prima essere uomini ed, infatti, penso che a Messina qualche ricordo, da questo punto di vista, l’abbia lasciato, insieme a qualche chiacchiera sul conto del mio carattere perchè non riesco ad essere finto, per rispetto verso le società dove ho giocato e le loro tifoserie”.
-Divenuto allenatore, fino al 2009, nel gennaio 2011 torni a Messina sotto la veste di prima guida tecnica. “A Messina purtroppo, da allenatore mi tirai dietro alcuni “riggitani” (per noi reggini questa definizione equivale al “buddace” per alcuni messinesi) i veri reggini ed i veri messinesi son altra cosa. Non so dirti – prosegue – se sono più buddaci i buddaci di Messina o i riggitani di Reggio. Purtroppo, mi fidai in quella esperienza di persone che con il calcio non c’entravano nulla e mi dispiacque essere tradito da persone che io stesso avevo voluto, come, ade esempio, il capitano di quella squadra, il signor Morabito (il quale dovrebbe ricordare cosa fece insieme a tanti altri). Fabio Bonanno era l’unico vero uomo di quella squadra, tornato con me quando fui esonerato con nove vittorie, due pareggi e due sconfitte, quando eravamo quarti o quinti in classifica con una squadra che, in precedenza al signor Di Mascio e soci era costata un milione e ottocentomila euro, svincolata il 6 gennaio, mentre noi la rifacemmo in tre giorni, il 9 gennaio chiudeva il mercato, con soli 220 mila euro, poi, a tre giornate dalla fine quei dirigenti mi esonerarono perchè avevano obiettivi diversi dal mio ma la storia racconta che di quei signori nessuno è rimasto nel mondo del calcio. Credo che quella squadra era un gruppo importante ed avendola allenata fin dall’inizio, avrebbe potuto giocarsi il campionato fino alla fine”.
“Da quel momento in poi decisi – conclude Campolo – che il calcio dei grandi non faceva per me. Oggi, nel calcio giocato, rispetto al mio, servono altre qualità, ad esempio allenatori che abbiano uno sponsor. Messina, così come tante altre piazze importanti, ingarbugliate in serie D o in altre categorie, non merita di giocare nelle categorie in cui si trovano adesso. Il vero problema del Messina credo sia, in questo momento, le cattive gestioni societarie succedutesi, perché è inconcepibile trovarsi oggi con due squadre che militano nella stessa categoria e che si affrontano nello stesso girone. Fino a quando – prosegue il centrocampista – non saranno risolti questi nodi, difficilmente Messina tornerà nel calcio che conta con un futuro stabile”.
Dopo quella esperienza a Messina decisi di occuparmi solo di settori giovanili. Sono stato per tre anni responsabile del settore giovanile della Reggina. Per due anni, quasi tre, sono stato osservatore per una importante società del Nord e, da quest’anno, complice la Vibonese e il suo presidente Caffo, mi son rimesso in gioco occupandomi del loro settore giovanile, portando anche qualche ragazzo da Messina proveniente dal Camaro, una società seria che lavora molto bene a livello di settore giovanile. Chiaro – spiega – che Vibo non può essere Messina o Reggio ma, comunque, si sta cercando, con tutti i limiti (causa mancanza impianti) di creare una realtà solida. Ovviamente, questo momento non ci consente di attuare un discorso continuativo e lo stiamo vedendo anche nei vari campionati che, causa indisponibilità, partite rinviate per Covid, sono molto falsati. Concludo augurandomi che questa situazione si possa sbloccare al più presto e si possa riprendere la normale attività con i ragazzi in quanto, al Sud, per varie situazioni, di penalizzazioni ne abbiamo tante”.
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