Con il suono dei clacson delle auto che festeggiano in una Piazza Cairoli gremita, ma ancora orfana del tram ed il rimbombo dei mortaretti di Diego Schepis nelle orecchie, il Messina si appresta dopo tanti anni a tornare nella serie cadetta. Una promozione che riaccende ulteriormente l’entusiasmo in città.
A rinforzare la rosa dell’emergente tecnico Franco Scoglio arrivano in tre: il portiere Franco Paleari, il centromediano Renzo Gobbo e l’esterno Lorenzo Mossini. A completamento della squadra: Petitti e Talevi.
Lorenzo Mossini arriva dal Brescia e ha già giocato in serie A con la maglia del Como, segnando una rete al Milan.
Sin dalle prime battute, il numero undici giallorosso entra nel cuore dei tifosi peloritani che ammirano il suo impegno, la sua bravura, la sua professionalità.
Un calciatore che non si tira indietro e che lotta per vincere.
Mossini risiede ormai da quarant’anni a Borzano D’Albinea in provincia di Reggio Emilia ed è in questo luogo che lo rintracciamo.
Lorenzo, sei arrivato a Messina in uno dei periodi più belli della storia calcistica peloritana. Cosa ti ha impressionato nei primi giorni della tua avventura in riva allo Stretto?
Senza dubbio l’accoglienza della gente che è stata fantastica, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Sono rimasto estasiato, ti posso assicurare che al nord questa passione per la propria squadra è molto minore. Il sud è altra cosa.
Due anni con Scoglio, uno dei quali hai sfiorato la promozione in serie A..
Sono stati degli anni fantastici. La squadra era forte, io arrivavo da due campionati consecutivi vinti con il Brescia e non mi aspettavo una realtà simile. Ero felice. Credo che a suggerire il mio acquisto, sia stato Gobbo, con lui avevo già giocato in due compagini diverse e ci conoscevamo bene. Arrivai poco prima dell’inizio delle gare ufficiali e dopo l’incidente a Caccia. Un solo allenamento e subito in campo. In squadra ricordo che trovai due giocatori formidabili: Schillaci e Catalano. Non ho mai visto fare ad altri calciatori, quello che loro facevano con il pallone. Poi c’erano Bellopede, Rossi, Napoli che poi passò alla Juventus, Mancuso, Orati, Diodicibus, Vendittelli. A mio avviso di questi tempi gente come Bellopede e Orati avrebbero giocato in una serie A di ottimo livello ad occhi chiusi.
Cosa ricordi con piacere di quel biennio?
Eravamo uniti, le nostre mogli si frequentavano e quando avevamo delle giornate libere le sfruttavamo andando a Taormina, una località magnifica. In campo sapevamo cosa fare, perché mister Scoglio non tralasciava nulla. Ricordo la partita contro il Taranto. Sbloccai l’incontro io, ma i pugliesi pareggiarono all’89’ con il terzino Biondo, Catalano un minuto dopo, dribblo’ tutti e ci regalò la vittoria tra il tripudio generale. Sono stati momenti fantastici ed ancora adesso mi commuovo.
La voce di Lorenzo Mossini cambia e per un attimo non riesce a continuare a parlare, a raccontare una storia che non verrà mai cancellata. La storia di una squadra che per i messinesi è diventata legenda.
Eluso il momento di commozione, non solo del Moss, l’intervista continua.
Racconti qualche aneddoto?
Ne elenco un paio. Sui calci di punizione eravamo fortissimi, il Professore aveva precorso i tempi e sovente metteva in difficoltà gli avversari. A fine seduta d’allenamento, il mister ci faceva provare e riprovare i calci da fermo. Tutti, tranne Schillaci. Toto’ era un istintivo, quindi non stava agli schemi, perciò Scoglio gli diceva: “tu, Toto’ puoi andare negli spogliatoi, continuiamo noi!”
Un secondo episodio curioso, si verificò in un atipico hotel di preti a Roma, il “Sacro Cuore”. Era più che altro una specie di oratorio per bambini e tutti gli accessori erano a misura di bambino. Dopo qualche ora, decidemmo di andare via.
Non hai segnato tanti gol, ma molti di essi sono stati pesanti. In compenso hai fornito innumerevoli assist…
È vero, le reti non sono state tante, ma il mio ruolo era quello di mettere in condizione i compagni di puntare la porta avversaria. Ho segnato diverse volte contro la Lazio, il Taranto, l’Avellino. Fra le cose più belle, rammento il boato del pubblico ogni qualvolta intervenivo in scivolata sull’avversario, era una cosa che mi dava molta carica. Praticamente i tifosi correvano con me e io con loro.
Avevi un rapporto speciale con la tifoseria…
Sì, rammento che mi dedicavano dei cori da brividi, “Mossini cori du Messina” mi cantavano ed io li ripagavo con il mio impegno.
Perché il primo anno che arrivasti a Messina svanì il salto nella massima serie?
A dire la verità, pensavo di essere già in serie A. Mancavano 6 partite al termine del campionato e dovevamo giocare quattro gare in casa e due in trasferta. Incredibilmente perdemmo le due fuori e pareggiammo le altre. Il sogno svanì credo anche per i viaggi di mister Scoglio che allora era iscritto al corso di Coverciano e andava in Russia per aggiornarsi. La sua assenza peso’ sul resoconto finale. Il professore era fondamentale.
Parlando con Mossini sembra di respirare l’odore acre dei fumogeni di allora e di udire le urla di incitamento dei tifosi con le immancabili colombe che sorvolavano lo stadio “Celeste”.
Il terzo anno arrivò Zdenek Zeman e furono altre soddisfazioni. Cosa cambiò rispetto al passato?
Con il boemo cambiò l’approccio alla partita. Si giocava solo per vincere, il pari non andava bene. Trionfavamo sempre in casa, mentre in trasferta, pur attaccando dall’inizio alla fine, perdevamo. I contropiedi che oggi vengono chiamati ripartenze, erano per noi fatali. Giocare con Zeman era divertentissimo. In avanti avevamo gente come Cambiaghi, Schillaci, Pierleoni. A centrocampo Di Fabio, Manari, Picasso, Modica. Da Mommio, Doni in difesa. Ciucci in porta. In rosa avevamo un giocatore straordinario che, purtroppo, non riuscì a sfruttare per diversi motivi, le sue enormi potenzialità : Maurizio Schillaci.
Quello contro la Reggina che vincemmo per 2-1 con doppietta di Toto’ Schillaci. Fu una grande rimonta, tra l’altro una mia deviazione mise out Ciucci. Prima del match i club durante la settimana ci fecero spesso visita per rammentarci l’importanza dell’avvenimento. Io ero il capitano, “avemu avvinciri!” dicevano…
Con Schillaci hai legato molto…
Con Toto’ passavamo spesso le vacanze insieme. Andavamo al mare con le nostre famiglie e diverse volte mi ha chiesto dei consigli per la sua carriera. Eravamo amici.
Purtroppo non trovai l’accordo economico con il presidente Massimino. Ricordo che mia moglie era incinta, stava per arrivare la mia seconda figlia, fui chiamato in sede e mi dissero che ero avanti con l’età, e che non puntavano più su di me. Per rimanere avrei dovuto ribassare il mio ingaggio, che già non era molto alto. Risposi che avevo terminato il campionato giocando tutte le partite e che ero integro, ma questo non fece cambiare idea al presidente. Per un certo periodo restai senza squadra e andai anche in ritiro a trovare i miei ex compagni. L’allenatore era Scorsa. Qualche tempo dopo, arrivò la chiamata del segretario Maiorana che mi ribadí che mi rivolevano in squadra, ma che mi avrebbero diminuito l’ingaggio. Non chiesi né un soldo in più, né uno in meno. Rifiutai e forse me ne pentii, perché andando a giocare a Piacenza in serie C, non riuscii più a risalire di categoria.
Non accettai anche per orgoglio, dopo tutto quello che avevo dato alla società.
Diversi anni dopo sono tornato a Messina in occasione della serie A, ed è stata una grande festa organizzata da Ciccio Manzo. Si intitolava “La notte dei ricordi”, un evento fantastico, eravamo tutti presenti, c’erano anche Scoglio e Zeman. Vennero anche calciatori del calibro di Shalimov, Berti, Alberto Di Chiara, Giordano e tanti altri.
Adesso di cosa ti occupi?
Sono rimasto nel mondo del calcio per diversi anni a buoni livelli, in veste di allenatore. Adesso mi occupo del settore giovanile dello Sporting Chioggia, a casa mia.
Vuoi lanciare un saluto ai tifosi messinesi e alla città?
Auguro alla città e ai tifosi di tornare a gioire come ai nostri tempi, di essere promossi in serie B ed in questo caso, prometto di tornare in città per festeggiare con tutti voi la promozione. Il Messina lo seguo sempre e non lo abbandonerò mai.
Si ringrazia per la collaborazione la Polisportiva Borzanese (RE).