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Fabio Lupo: “Il direttore sportivo sta perdendo sempre più peso nella costruzione di una squadra. Questa piega non mi piace” 

Ai microfoni della redazione di News.Superscommesse.it è intervenuto in esclusiva Fabio Lupo. L’ex giocatore, ora direttore sportivo di successo, ha rilasciato alcune dichiarazioni su diversi temi d’attualità e sulle tante squadre nelle quali ha militato da calciatore e da direttore. In questo estratto, Lupo si sofferma sul suo percorso professionale, dichiarandosi preoccupato dalla crescente marginalità della figura del direttore sportivo rintracciata nel calcio di oggi.
Che bilancio fai della tua carriera da calciatore? Il talento non ti mancava, ma gli infortuni ti hanno tarpato le ali. Guardando al presente, invece, cosa c’è nel futuro di Fabio Lupo? Hai detto di non avere fretta di rientrare, preferendo aspettare un progetto interessante. Ci sono stati contatti in estate?
“Il sogno di tutti i giocatori professionisti è quello di arrivare ai massimi livelli e di restarci, quindi è chiaro che avendo giocato solo tre campionati di Serie A qualche rimpianto è normale ci sia. (…) Per quanto riguarda la mia carriera da dirigente sono contento di quanto ho fatto finora. Ho lavorato anche in Serie A per società importanti come Ascoli e Torino, quest’estate c’è stato qualche discorso con club di B che hanno vissuto dei cambiamenti, ma alla fine sono state fatte altre scelte. Ci può stare, fa parte del nostro mestiere. (…) Permettimi di aggiungere che il nostro mestiere sta cambiando e sta prendendo una piega che non mi piace. Il ruolo del direttore sportivo sta perdendo sempre più peso nella costruzione di una squadra. In base agli ultimi risultati economici e tecnici del movimento italiano aggiungo che tale cambiamento non ha portato benefici. Non sono contrario a priori al ricorso a forme di conoscenza “moderne” come gli algoritmi, ma il rischio è che si perda di vista il legame con la competenza. Per noi è sempre più difficile incidere. Poi, però, quando si lasciano lavorare professionisti come Sartori all’Atalanta e al Bologna o Marchetti al Cittadella i risultati arrivano. Così come li vediamo al contrario in società dove, senza fare nomi, alla figura del direttore sportivo è dato un ruolo marginale o addirittura è inesistente”.