Di Fabio: “il Messina ti entra dentro. Io e Doni portati a spalla dai tifosi”
Guido Di Fabio è stato alla fine degli anni ottanta, una colonna e una garanzia dell’Acr Messina. Ha indossato la casacca biancoscudata con grinta e determinazione, non risparmiando mai una stilla di sudore.
L’ex centrocampista, abbandonato il calcio giocato, ha intrapreso con bravura la carriera di allenatore.
Lo scorso anno, fra l’altro, alla guida del Castelnuovo in Eccellenza, ha centrato la promozione in serie D.
Di Fabio, aggiungendo anche il fatidico spareggio di Pescara contro il Monza, ha superato il tetto delle cento presenze con la maglia del Messina.
“Sono stati tre anni indimenticabili in riva allo Stretto. Ho avuto la fortuna di avere come allenatori Scoglio e Zeman, due dal carattere diverso e anche da loro ho carpito alcuni insegnamenti per intraprendere la carriera in panchina.
Ricordo che quando arrivai in città da Parma, c’era un entusiasmo incredibile. Alla prima in casa contro l’Udinese quando uscii dallo spogliatoio, guardai incredulo gli spalti del “Celeste”, c’erano 22. 000 spettatori. Inverosimile. Mister Scoglio mi schierò sulla fascia destra e avversario mi ritrovai Pusceddu. Sospinto dall’incitamento del pubblico, con le ali ai piedi, disputai un grande incontro”.
L’ex numero 8 del Messina continua la marcia nei ricordi.
“Alloggiavamo a Santa Margherita e formavamo un bel gruppo. Nei tre anni che ho vissuto in Sicilia ricordo con piacere tutti i compagni: Manari, Doni, Pierleoni, Schillaci, Catalano, Mossini, Cambiaghi, Da Mommio, Serra, Susic con il quale dividevamo la stanza.
L’ultimo anno fu particolare. Arrivò Scorsa, ma dopo alcune partite andate male, gli subentrò Buffoni. La società iniziò ad avere alcuni problemi interni, ma ci salvammo a Pescara attuando un vero e proprio miracolo. ”
La stagione dopo ti trasferisti a Piacenza. Cosa accadde?
La squadra del Messina era tutta da rifondare, mi chiamò mister Cagni, con il quale avevo giocato nella Sambenedettese, accettai l’offerta e centrammo la promozione in serie B. Due anni dopo, io e Paolo Doni tornammo a Messina con la casacca del Piacenza e vincemmo al “Celeste” per 3-0. Era l’anno della retrocessione per l’Acr. Al termine della gara, circa 5000 tifosi contestarono la squadra peloritana, io e Paolo non sapevamo cosa fare. Pensavamo di essere presi di mira anche noi. Con un atto di coraggio decidemmo di uscire, i tifosi in mezzo al marasma, iniziarono ad applaudirci e ci portarono fuori dallo stadio sulle spalle. Ci fermammo a Messina due giorni, non volevamo andarcene.”
I bei ricordi di Di Fabio non finiscono. “Rammento il grande Ciccio Curro’, per noi non era solo un massaggiatore, era tutto. Una persona fantastica, potevi chiedergli qualunque cosa, lui provvedeva.
Mi è dispiaciuto molto per il dottore Ricciardi, scomparso da poco. Una persona sempre vicina alla società. ”
Hai intrapreso la carriera di allenatore, quali le diversità?
Fare il calciatore e l’allenatore sono due cose completamente differenti. Devi essere in grado di far ragionare trenta teste diverse e devi essere bravo a costruire un gruppo solido sin dall’inizio. Dimostrare ai ragazzi che quello che dici, è verità.
Sto seguendo anche il girone I, spero che il calcio professionistico prenda presto piede e che gradatamente si possa programmare un futuro da serie A. Questo meritano la città e i suoi tifosi. Bisogna stilare un progetto e crescere insieme. Il calore dei tifosi del Messina è difficile trovarlo ovunque.
Torneresti a Messina?
“Con grande piacere! Per adesso sto allenando il Castelnuovo in D, dopo la promozione dello scorso anno, attualmente occupiamo la sesta posizione, ma siamo fermi per i contagi da Covid. Siamo stati a lungo in testa alla classifica. Ho visto che anche il mio ex compagno di squadra Giacomo Modica ha allenato i biancoscudati, perciò non demordo.”
Di Fabio è stato per il Messina uno dei migliori centrocampisti. Un calciatore che ha portato lo stemma del Messina sul petto e con orgoglio.
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