Davide Baiocco a SuperNews: “Il ricordo più bello? Col Catania e la salvezza col Bologna. Del Piero un esempio dentro e fuori “
SuperNews ha avuto il piacere di intervistare Davide Baiocco, ex centrocampista, tra le altre, di Juventus, Perugia, Catania, Piacenza, Siena, Brescia. Baiocco ha raccontato ai nostri microfoni la sua esperienza nel Perugia, la squadra che gli ha permesso di vincere un campionato di Serie B nel 1995-1996, della breve ma intensa parentesi con la maglia bianconera, che gli permise di conquistare la Supercoppa Italiana nel 2002, e quella nel Catania, il club siculo che considera la sua seconda casa. Infine, l’ex giocatore perugino ci ha svelato il ricordo calcistico al quale è più legato e i nomi delle due squadre di Serie A che gli sembrano maggiormente impegnate nella “lotta scudetto”.
Con il Perugia disputi il tuo primo campionato di Serie B nella stagione 1995-1996, conclusosi con la promozione in Serie A. Che esperienza è stata quella di Perugia?
Quella fu la mia prima esperienza. Era il periodo in cui svolgevo anche il servizio militare, quindi non ho avuto la possibilità di giocare tanto. Sono stato “parte poco attiva”. Tuttavia, ho provato una grande emozione. Soprattutto, sono stato a contatto con giocatori di grande spessore, da cui ho imparato tutto quello che potevo, quindi credo sia stata un’importante esperienza di crescita formativa.
Con la Viterbese, nel campionato di C1, sfiori la promozione in Serie B nell’annata 1999-2000, dopo aver giocato al fianco di Fabio Liverani. Cosa ti ha lasciato l’esperienza nel campionato di Serie C1? E che ne pensi dell’operato di Liverani allenatore?
Viterbo è stata una bellissima parentesi. Sono stato per tanti anni un giocatore del Perugia, e da lì sono partito per fare diverse nuove esperienze, tra cui quella nella Viterbese, sotto la stessa proprietà di Gaucci. Con il Viterbo, il primo anno abbiamo vinto il campionato di Serie C2, per poi sfiorare la promozione in Serie B. Ho avuto la fortuna di giocare con Fabio Liverani e tantissimi altri giocatori molto forti, come Di Loreto, e di essere allenato anche da Carolina Morace. Ho collezionato una miriade di esperienze, come capita spesso quando si è parte della famiglia Gaucci. Per me, Viterbo è stata la mia prima esperienza da protagonista, dopo due anni di gavetta a Fano e Siena. Nella Viterbese sono cresciuto tanto e ho dei bellissimi ricordi di quel periodo. Per quanto riguarda Fabio, si vedeva già in campo che fosse predisposto al ruolo di allenatore. Spesso, Fabio organizzava il gioco e ci dava indicazioni. Chi se ne intende dal punto di vista tattico e vede prima le cose, ha un vantaggio importante quando indossa i panni di allenatore. Poi, ovviamente, nulla è scontato, poiché quello del calciatore e quello dell’allenatore sono due mestieri differenti.
Nel 2002 vieni acquistato dalla Juventus, senza però aver giocato e dimostrato quanto avresti voluto. E’ stata una parentesi che ti ha destabilizzato dal punto di vista professionale? La Supercoppa vinta nello stesso anno è un titolo che senti anche tuo oppure no?
L’esperienza alla Juventus è stata importantissima a livello formativo, poiché riesce ad inculcarti una mentalità vincente. Con la maglia bianconera comprendi cosa vuol dire “vincere”. Sono stato a contatto con campioni del calibro di Del Piero, Trezeguet, Buffon, Thuram e tantissimi altri grandissimi giocatori grazie ai quali sono cresciuto in fretta. E credo che sia nelle difficoltà che si diventa più bravi, non quando le cose vanno bene. Sì, in parte il titolo lo sento anche un po’ mio: ho giocato tutta la prima parte della stagione, ho giocato in Coppa Campioni, abbiamo vinto lo scudetto. Ricordo, inoltre, il grande gesto dell’uomo Del Piero, che in una trasmissione televisiva menzionò me ed Emiliano Moretti, che a gennaio avevamo deciso di andare via, tra i giocatori che hanno preso parte alla conquista dello scudetto. Ho imparato veramente tanto nella Juventus. Mi dispiace di come sia andata, perché probabilmente non ero pronto ad adattarmi al ruolo richiestomi, senza aver potuto mostrare tutto il mio potenziale.
Nel 2004-2005 fai ritorno a Perugia, club con cui perdi la finale dei playoff contro il Torino per ritornare in Serie A. Che ricordo hai di quella gara e di quell’annata?
Purtroppo la finale dei playoff non la giocai, perché mi stirai nella semifinale contro il Treviso. Ricordo, però, che quell’annata fu davvero difficile. Tuttavia, sono molto contento di ciò che siamo riusciti a fare come gruppo squadra: nonostante le difficoltà, i sei mesi trascorsi senza stipendio e le questioni extra-campo, siamo riusciti a raggiungere la finale del playoff. Ciò è stato possibile soprattutto grazie ai grandi valori del gruppo. Questa è la prova del fatto che, anche nei momenti più bui e nelle difficoltà, si ha sempre l’occasione di fare qualcosa di importante.
Con il Catania, nel 2005, ottieni la promozione in Serie A al termine della stagione 2005-2006, e anche la fascia di capitano in quella del 2007-2008. E’ stata una delle società più importanti per te, viste le 122 presenze in maglia rossazzurra?
Catania è la mia seconda casa dopo Perugia. E’ stata l’esperienza più duratura della mia attività calcistica. Sono molto legato alla città, oltre che ai risultati sportivi conquistati sul campo. Ai catanesi abbiamo regalato la Serie A dopo 23 anni, e quando riesci in un’impresa del genere è inevitabile legarsi alla città e ai suoi tifosi. Abbiamo fatto tre annate di Serie A e da lì si è aperto un ciclo vincente. Catania è una parte molto importante della mia vita, è molto di più che una tappa della mia carriera calcistica.
Una delle persone che nel mondo calcio ti ha lasciato qualcosa in più delle altre?
Sarò sincero: nel mondo del calcio ho imparato poco. Piuttosto, ho intrapreso un percorso di crescita personale. Tuttavia, posso dire di essermi tanto divertito con Pasquale Marino e di aver apprezzato tanto Alessandro Del Piero, che con la sua leadership e la sua umiltà dimostra sempre di essere un grande campione, dentro e fuori dal campo. Alla Juventus ho avuto tantissimi insegnamenti ed esempi indiretti, come per esempio Trezeguet e lo stesso Del Piero che si trattenevano dopo l’allenamento per migliorare fondamentali su cui erano già eccellenti. Sono cose a cui inizialmente non dai il giusto valore e significato, ma che con il tempo capisci e ti rimangono dentro.
Il tuo ricordo calcistico più bello?
Non vorrei fare un torto a nessuno, ma ho avuto il privilegio di poter giocare nella mia squadra e rappresentare la mia città in Serie A. Non tutti hanno questa possibilità. Altri momenti stupendi sono quelli della vittoria del campionato di Serie B e della conseguente promozione in Serie A con il Catania, dopo 23 anni, e la salvezza conquistata contro il Chievo sul campo neutro di Bologna. Quest’ultima la ricordo in maniera emotivamente molto forte, dal momento che veniva dopo sei mesi di squalifica del campo a causa degli incidenti avvenuti in Catania-Palermo del 2 febbraio 2007, in cui è stato ucciso l’ispettore di polizia Raciti. Abbiamo giocato sei mesi lontano dal pubblico e, da quarti in classifica, stavamo retrocedendo. E’ stata un’emozione fortissima salvarsi e rimanere in Serie A. E’ stato il momento più toccante della mia carriera calcistica.
Quest’anno, tra quali club sarà la lotta scudetto?
Quest’anno vedo molto equilibrio, e questo è un bene. La Juventus è sempre sul pezzo, ma questo Milan credo abbia trovato con Pioli grande continuità, una quadratura importante a livello tecnico e tattico e un’ottima mentalità. Il merito del tecnico rossonero è stato quello di entrare in un gruppo senza stravolgerlo e lavorare sulla sua mentalità, inserendo qualche innesto che ha aumentato la qualità. La lotta la vedo tra Milan, Juventus… ma non solo. Credo che il campionato quest’anno sia più equilibrato, ci sono altre squadre che lotteranno per lo scudetto. Quando la competizione è più equilibrata è anche più coinvolgente per gli appassionati.