COVID19 | Borrelli: “Dovremo stare a casa anche l’1 maggio”‘
Ansa – Dopo Pasqua e Pasquetta, anche il 1 maggio lo passeremo chiusi in casa? “Credo proprio di sì, non credo che passerà questa situazione per quella data. Dovremo stare in casa per molte settimane”. Lo ha detto il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli a ‘Radio Anch’io’ su Rai Radio 1 ribadendo la necessità di avere “comportamenti rigorosissimi”. Il coronavirus, ha aggiunto, “cambierà il nostro approccio ai contatti umani e interpersonali, dovremo mantenere le distanze” per diverso tempo.
Il governo “ha garantito alle Regioni le risorse per i dispositivi di protezione individuale e per quelli necessari al superamento dell’emergenza” ha aggiunto Borrelli rispondendo a chi gli chiedeva dell’ennesimo scontro tra Governo e Regioni, in particolare con la Lombardia. “In ordinario la sanità è una competenza che spetta alle regioni e sarebbe stato un guaio se governo e protezione civile avessero preso ogni competenza – ha aggiunto Borrelli – ma nel momento in cui c’è stata l’emergenza è dovuto intervenire il governo”. E a chi gli chiedeva se fosse necessario alla fine dell’emergenza rivedere il titolo V della Costituzione per evitare in futuro gli stessi problemi e gli stessi balletti sulle responsabilità che si stanno verificando oggi, Borrelli ha risposto che “è evidente”.
Sulla sanità “ci vuole una regia unitaria forte condivisa e coesa, credo che ci sarà da ripensare al modello organizzativo ma io sono un tecnico e mi limito a rispondere alle disposizioni vigenti”.
“Dobbiamo andare avanti con il massimo rigore” ha ribadito il capo della Protezione Civile a ‘Circo Massimo’ su Radio Capital rispondendo a chi gli chiedeva quando fosse possibile una ripartenza. “Dobbiamo usare misure forti e precauzionali” ha aggiunto, anche perché non è esclusa la possibilità che vi possa essere un ritorno del virus, come dimostrano le nuove misure in Cina.
Borrelli è poi tornato sulla circolare del Viminale che ha suscitato diverse polemiche sottolineando che non ha introdotto alcuna novità. “Il documento non sposta i termini, dobbiamo fare attenzione ed evitare di trovarci poi in una situazione che poi ci sfugge di mano. L’ora d’aria è una misura che non è ancora operativa, bisogna fare attenzione, rispettare le regole di prudenza e stare ancora in casa”.
La cosiddetta ‘fase 2’ di convivenza con il coronavirus potrebbe iniziare a metà maggio, anche se al momento non c’è alcuna certezza – ha spiegato il capo della Protezione Civile a ‘Circo Massimo’ ricordando che se si faranno tamponi a tappeto, indagini sierologiche e demoscopiche sulla rete di contagi, spetterà agli esperti del comitato-tecnico scientifico deciderlo. E su questo si sta già lavorando.
Il 16 maggio potrebbe essere la data giusta per la fase 2? “Se l’andamento non cambia, potrebbe essere, come potrebbe essere prima o dopo, dipende dai dati” ha risposto Borrelli sottolineando che al momento la situazione è stazionaria”. “Dobbiamo vedere quando questa situazione inizia a decrescere. Non vorrei dare delle date, però da qui al 16 maggio potremo aver dati ulteriormente positivi che consigliano di riprendere le attività e cominciare quindi la fase 2”. La situazione attuale, ha concluso, consente però di “dare un po’ di respiro alle strutture sanitarie e alle terapie intensive: si stanno alleggerendo di un carico di lavoro che ogni giorno era molto più forte e comportava sacrifici straordinari per trovare nuovi posti di ricovero e cura”.
L’AGGIORNAMENTO DELL’ISS– Senza misure in 6 mesi avremmo avuto immunità di gregge con un grande numero di morti e feriti: lo ha detto l’epidemiologo Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “Se avessimo mollato al Sud avremmo avuto tante Codogno” ha aggiunto durante la conferenza stampa odierna sul focus epidemiologico. Rezza ha parlato di “moderato ottimismo” per le regioni del sud Italia. “Se ci sarà una fase 2 – ha poi precisato – questa dovrà essere graduale per minimizzare il rischio di una ripresa del numero dei casi”.
Sono otto gli studi sui farmaci anti-Covid-19 al momento approvati dall’Agenzia italiana per il farmaco, lo ha detto il presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css) Franco Locatelli, nella conferenza stampa organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità. Quanto ai test sierologici sul sangue “vanno validati in modo metodologicamente rigoroso” ha sottolineato Locatelli. Con i test sierologici per la ricerca degli anticorpi nel sangue sarà possibile avere un quadro completo dell’epidemia in Italia, ha precisato Locatelli. Un quadro, ha aggiunto, che sarà probabilmente diverso regione per regione.
E prosegue anche la polemica tra la Regione Lombardia e la Protezione civile. Questa mattina l’assessore al Welfare, Giulio Gallera ha affermato che dalla Protezione Civile alla Lombardia in sei settimane “sono arrivate mascherine” necessarie “per quatto giorni e mezzo”.
“C’è una difficoltà di tutti – ha premesso Gallera – non voglio dire che la Protezione Civile tiene nascoste le mascherine o altri prodotti. Sta di fatto che noi abbiamo distribuito circa 2,5 milioni e mezzo di mascherine della Protezione civile e circa 10 milioni le abbiamo acquistate noi, questa è già una proporzione. Ma noi abbiamo bisogno solo per gli ospedali di 300 mila mascherine al giorno, e per l’intero sistema anche delle Rsa e dei medici di medicina generale circa 500 mila, quindi a noi sono arrivate mascherine per 4 giorni e mezzo su sei settimane”.
Dal canto suo il governatore della Lombardia, Attilio Fontana precisa di non aver “mai cercato di fare polemiche, direttamente non ne ho mai fatte ma quando vedo accuse su argomenti su cui non abbiamo responsabilità o sulla sanità lombarda allora mi girano le scatole e mi lascio andare a dire anche io qualcosa di polemico”. “Spero che non ce ne siano più” di polemiche, lavoro 14 ore al giorno per cercare di risolvere i problemi e devo buttare via le ore anche per rispondere alle lettere e alle polemiche. – ha concluso -. Se potessi dedicarmi solo al lavoro sarei più contento per me e per i cittadini. Quando c’è una polemica mi sento di offendere i miei cittadini, perché non è giusto. Ci sono momenti però in cui l’offesa si rivolge alla sanità, a cose non vere e in quei casi bisogna reagire”.
La Regione Lombardia prosegue la polemica anche sul fronte delle mascherine: “Sull’autorizzazione dei materiali c’è un tappo a Roma, non vogliamo fare polemica diciamo: autorizzateci le mascherine e tutto ciò che può essere utilizzato” ha detto il vicepresidente di Regione Lombardia, Fabrizio Sala, parlando a SkyTg24 chiarendo che “hanno le specifiche tecniche, le abbiamo lavorate con il Politecnico di Milano e con gli imprenditori lombardi” e la mascherina prodotta da “Fippi ha tutti i requisiti tecnico-scientifici, abbiamo bisogno della validazione dell’Istituto Superiore di Sanità per cominciare a distribuire le mascherine che ci siamo fatti da soli” e “ripeto i requisiti scientifici sono stati validati dal Politecnico di Milano”. Il prossimo 5 aprile scadrà l’ordinanza restrittiva regionale per contrastare la diffusione del coronavirus. “Noi ora ci stiamo confrontando con il governo che dovrà cominciare a pensare al Dpcm, è chiaro che se le misure non sono adeguate noi la rinnoviamo”.
Bonomi, l’Italia deve riaprire – “L’Italia vive una fase drammatica e non credo sia opportuno fare polemiche su ciò che è stato fatto finora. Ciò che penso sia utile e ragionare sul futuro e rispetto a ciò mi viene da dire prima di tutto una cosa: è ora di rendersi conto che la fase del tutti a casa non può durare ancora a lungo ed è ora di rendersi conto che in modo graduale l’Italia deve riaprire”. Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, il candidato alla prossima presidenza di Confindustria che in attesa del voto può contare su una più ampia base di consenso, lo sottolinea in una intervista a Il Foglio. “Ho l’impressione che in Italia sia tornato un forte e radicale pregiudizio antindustriale e devo notare che su questo terreno i segnali che ci arrivano dal governo non sono incoraggianti” avverte, dopo aver accennato alle parole del premier Giuseppe Conte mercoledì: “Una frase parziale che rispecchia un paradigma distorto in base al quale la difesa della salute può essere considerata non compatibile con la difesa del lavoro”; “Oggi il mantra culturale sembra essere diventato questo: per tenere in sicurezza i lavoratori non bisogna capire come tenere in sicurezza le aziende ma bisogna semplicemente evitare di riaprirle. Vi sembra possibile?”, dice il leader di Assolombarda: “Il nostro nemico è il virus, lo sappiamo bene, ma il nostro nemico è anche il tempo”. “Lo dico fuori dai denti: in assenza di tempi certi su quando si ripartirà il nostro Paese rischia l’osso del collo”.