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BRAZILIAN JIU JITSU – Francesca Lucia argento a Parigi. “Felice per il risultato”

Riportiamo intervista integrale rilasciata da Francesca Lucia, atleta del Ground Pressure Team Messina di Brazilian Jiu Jitsu e reduce dall’esperienza di Parigi dove, in occasione del Campionato Europeo ( circa 5000 gli atleti iscritti),  ha ottenuto la medaglia d’argento che gli è valsa il grado di cintura marrone. 

“Era la terza voltadichiara l’atleta –  che partecipavo a questo campionato, che nelle precedenti edizioni si è svolto a Lisbona e, non lo nego, aspiravo a salire sul gradino più alto del podio. Mi ero preparata bene, avevo seguito un regime alimentare, una preparazione fisica quotidiana ed avevo chiaro il mio piano di gioco. La mia avversaria della finale però probabilmente aveva fatto altrettanto e sebbene per un solo vantaggio, ha vinto lei. Le gare sono così. Nessun rammarico e nessuna delusione. Solo la felicità di aver avuto avversarie toste e di aver fatto parte, seppur nel mio piccolo, di un grande evento”.

 

In finale hai trovato una Judoka, Judo e Bjj in cosa sono simili?

“Il Jiu Jitsu brasiliano nasce dal Judo ed è naturale quindi che ha molto in comune. La differenza sostanziale deriva più dal regolamento che induce a differenziare l’allenamento. Nel judo la lotta si sviluppa maggiormente in piedi e quando si va a terra, a seguito di una proiezione, occorre finalizzare la lotta in un tempo molto breve perché viceversa si torna nuovamente in piedi. Nel BJJ invece si parte con la lotta in piedi ma quando si arriva a terra si può continuare per tutta la durata del tempo con una varietà molto più vasta di tecniche di sottomissione. Ecco perché con il judo privilegia lo studio della lotta in piedi mentre con la pratica del BJJ ti specializzi maggiormente nella lotta a terra nella quale studi infinite combinazioni di tecniche. Conoscere e praticare entrambi ti dà sicuramente una marcia in più.

C’è da dire però che è veramente complesso iniziare a praticare il judo in età matura se non si ha un background sviluppato sin da piccoli. E qui, secondo me, sta la chiave del gap che riscontro nel confronto con avversarie internazionali: in Italia lo sviluppo della cultura dello sport è ancora troppo indietro rispetto agli altri paesi.

E mi riferisco al tempo ed alla qualità che tutt’oggi viene dedicato all’attività fisica nelle scuole a cominciare da quelle elementari. Troppe poche ore, programmi didattici inesistenti e voti privi di riscontri oggettivi. In pratica quell’unica ora di educazione fisica settimanale è vista più come un’ora di ricreazione che di studio di una disciplina. La mia generazione è certamente penalizzata da questo aspetto ma quel che è peggio è che ancora oggi molti giovanissimi sono nelle stesse condizioni: privi di coordinazione motoria di base, ripiegati su se stessi sotto il peso di zaini più pesanti di loro o ingobbiti sullo smartphone”.

 

Come ti sei preparata per questi Europei?

“Come dicevo prima, in questa occasione mi sentivo davvero preparata e ‘centrata’. Ho seguito un buon regime alimentare tenendo sotto controllo il peso, soprattutto durante le festività natalizie. Ho fatto una bella preparazione fisica con allenamenti di forza nella sala pesi della palestra dove ci alleniamo, la Global Fitness di Messina e tanto jiujitsu in palestra, negli open mat ed in occasione di viaggi all’estero. Oltre agli allenamenti ordinari ho fatto allenamenti agonistici ad alta intensità per prepararmi a sostenere lotte molto più lunghe e con avversari molto più pesanti, in modo che durante la competizione non ne sentissi troppo la fatica. E così è stato, avrei potuto continuare a lottare ad oltranza.

Quest’anno ho anche iniziato a  praticare una disciplina per me completamente nuova, il tacfit, che in pochi mesi ha migliorato notevolmente la mia resistenza ed i tempi di recupero. I ritmi della lotta sono molto dinamici; se arriva ad alte intensità e bisogna sfruttare i momenti giusti per recuperare e tornare esplosivi. E dietro queste prestazioni c’è uno studio che coinvolge sia il corpo ma anche la respirazione e necessariamente anche la mente. Conciliare tutto questo con l’influenza stagionale, gli impegni lavorativi e familiari è stata la vera sfida. Ma accanto a me ho avuto il mio Maestro, Enrico Di Luise, i miei coach Giovanni Zumbo, Antonio Lisciotto e Fabio Fracasso e da ultimo il mio istruttore di tacfit, Ivan Barbera, che oltre alla loro competenza, hanno in comune una particolare cura ed attenzione nella preparazione fisica e mi hanno seguito con una strategia personalizzata ed adatta alla mia età”.

Quali sono le sensazioni che L’Europeo ti ha trasmesso?

Ogni gara determina una crescita tecnica e personale esponenziale. Da un punto di vista tecnico si impara parecchio dagli errori e si ha l’opportunità di confrontare il proprio Jiu Jitsu con le infinite, diverse e talvolta sconosciute reazioni dei tuoi avversari. In 5 minuti di gara impari cose che richiederebbero mesi di allenamento.

Oltre a questo, personalmente da ogni gara porto a casa qualcosa di molto più prezioso…le emozioni. Anche se hai una vita appagante è difficile in età adulta provare forti emozioni ed il Jiu Jitsu ancora oggi me le regala. Mi fa battere il cuore come un’adolescente al suo primo amore, mi da le scariche di adrenalina ogni giorno, prima durante e dopo, mi fa sentire le farfalle nello stomaco. Insomma mi fa provare tutto il bello dell’ansia positiva e salutare”.

Adesso cintura marrone. Cosa rappresenta per te questo traguardo?

“Non è un traguardo ma semplicemente la continuazione del percorso. Mi emoziona sempre il momento del cambio di cintura perché segna la costanza nel tempo. Si dice infatti che la cintura nera sia una cintura bianca che non ha mai smesso. Ed è così. Sebbene mi senta sempre inadeguata in occasione del passaggio, penso che la cintura rappresenti il ​​tuo grado di esperienza raggiunto con il tempo, la costanza e la dedizione. Ed allora sento di meritarla e la porto con orgoglio”.

Obiettivi futuri?

A parte il mio obiettivo immediato che è quello di prepararmi per il prossimo campionato italiano al quale mi sono già iscritto, ho un obiettivo presente e futuro molto più importante: quello di riuscire a trasmettere il mio entusiasmo per questa disciplina a quante più persone possibili. Che siano giovani, donne o persone della mia età spero che il raccontare di questo sport li raggiunga e riesca a stimolare quantomeno la curiosità. Perché i risultati ed i benefici in termini fisici ma soprattutto in termini personali, psicologici e sociali sono enormi. Spiegarlo a parole non è facile. 

Ti porto un piccolo esempio: C’è stato, in un incontro un momento in cui mi sono ritrovata messa sotto dell’avversaria. In quel momento in gara stavo perdendo, ero sotto di punti e sotto la pressione dell’avversaria. Ho provato sconforto. Ho pensato che non ce l’avrei fatta. Il mio maestro mi ha urlato che sapevo cosa fare e questo ha risvegliato in me quella che è l’essenza del Jiu Jitsu. Il recuperare la calma, il controllare il tuo respiro anche se il peso di qualcuno unito all’ansia te lo impedisce, il lavorare con pazienza e tanta tecnica per riuscire a cacciare il diavoletto che ti sussurra all’orecchio che non ce la puoi fare, a reagire, ad uscire da quella brutta situazione e vincere.

Se ci pensi, è quello che ognuno di noi si trova a dover fare in mille occasioni nella vita ed è quello che ti può salvare nelle situazioni di pericolo o di disagio. Ecco perché amo questo sport ed ecco perché secondo me è tra le arti marziali veramente efficaci per la difesa personale, perché il Jiu Jitsu ti insegna a “pensare sotto pressione”.

 

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