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Arti Marziali | Consuelo Molonia: “Denominatore comune di queste discipline l’autodifesa

Consuelo Molonia, istruttrice di Krav Maga, Kickboxing e MMA, ha iniziato queste discipline per caso e la sua passione non viene da un’infanzia passata sui tatami o come la fisiologica evoluzione di un percorso agonistico. Ha semplicemente partecipato ad una “lezione pilota” di un corso di Krav Maga e, per sua stessa ammissione, “prima di quel momento MAI avrei pensato che mi sarei accostata a questo mondo tanto affascinante e complesso. Mi sono trovata al posto giusto nel momento giusto della mia vita. Non ero una ragazzina e la maturità dei miei anni mi ha aiutata a comprendere da subito che quella era la mia strada. Così non ho perso tempo ed ho cercato, nel più breve periodo possibile, di fare quante più esperienze e accumulare conoscenze. Il tutto innestato su un carattere empatico che mi ha permesso di mettermi in gioco nell’insegnamento. Questo mondo l’ho sempre ammirato da spettatrice e viverlo è stato un grande privilegio”.

“Krav Maga, la Kickboxing e le MMA, seppur diverse tra loro, sono discipline – spiega la Molonia – in cui il concetto di “autodifesa”, denominatore comune di queste discipline.  Se vogliamo dare un taglio psicologico al perché ci si accosti inizialmente ad uno sport da combattimento (tralasciando il fatto di avere ambizioni agonistiche), questo è l’esorcizzare la paura naturale di un’aggressione”.

Ha deciso di diventare istruttrice per il bisogno di comunicare ed è fermamente convinta che “difendersi non sia un modo d’incitare alla violenza. L’aggressività, i maltrattamenti, le prepotenze non appartengono al “mio” mondo. Ho sempre spiegato tutt’altro. Ho improntato il mio lavoro sull’autostima, sulla consapevolezza di sé, sul dominare le proprie pulsioni e sul regolare i propri limiti. Ho sempre insegnato il rispetto, prima di tutto per sé stessi. Tutto questo viene innestato su un allenamento fisico e psichico complesso che istruisce il corpo al sacrificio, alla sopportazione dello sforzo ed alla dinamicità e la mente al ragionamento, al metodo, la disciplina ed alla dignità personale”.

Un buon insegnante afferma “ha l’obbligo di essere chiaro nell’esposizione, coerente e soprattutto in grado di entrare in profonda identificazione con i propri praticanti. “Spiegare” una tecnica o una sequenza di azioni non è un mero gesto di “copiate ciò che faccio”. Ognuno di noi ha un proprio schema motorio e un modo differente di elaborare un concetto. Questi sport sono “invasivi” e vanno presentati con chiarezza così da limitare potenziali errori. Negli anni, ho conosciuto molti istruttori ma pochissimi sono i “Maestri” preparati, carismatici e tecnicamente competenti da risultare così comunicativamente efficaci. Ad oggi ne ricordo e stimo davvero pochi. I più si blindano dietro un far riprodurre un qualcosa. Potrebbe anche andar bene come “training” ma di certo non tocca le corde più importanti e meno esposte di ognuno di noi. Secondo me insegnare è un’altra cosa. È trasmettere una passione, dare e far rispettare delle regole di comportamento dentro e fuori il tatami. Educare al rispetto, alla disciplina, al sacrificio. Niente a che vedere con l’incitamento alla violenza o il fomentare l’aggressività. I non mi sono percepita come un istruttore e non mi sono mai posta in questa veste. Non per falsa umiltà o per poca consapevolezza. Solo perché con tutti i praticanti che ho incontrato sul tatami ho sempre voluto e costruito un rapporto di fiducia e rispetto paritario e reciproco che esulava dai ruoli”.

 

Diventando praticante di queste discipline e successivamente istruttrice, la Molonia ha voluta dar esempio a quanti sostengono che queste discipline siano puramente adatte agli uomini. “Mi sono confrontata  – spiega – con la “forza” e la “prestanza” propria degli uomini e questo non può che avermi motivata a dare sempre il meglio, a coprire le mie lacune fisiche con una buona tecnica. Sono Donna e questo è il primo dei miei punti di forza. A mio avviso però, non è da trascurare il fatto che il “sesso debole” è spesso vittima di violenza. Le aggressioni, per occasione, modalità, tempistica, soggetto attaccante sono tutte assolutamente differenti e per questo vanno gestite come eventi unici e irripetibili. A supporto di questa teoria un allenamento costante può aiutare le donne a sentirsi più sicure di sé. Ridurre il senso di vulnerabilità. Mente e corpo devono essere istruiti a saper gestire e reagire ad una varia serie di eventi avversi così da sviluppare reazioni automatizzate ed efficaci”.

Il tema dei maltrattamenti e violenze nei confronti delle donne è molto complesso ed ogni caso è un mondo a sé. I training messi a punto per le vittime di violenza, secondo la Molonia, “devono partire dal riconoscere il malessere che quella persona ha dentro. Questo non significa pensare di sostituirsi a figure professionali di supporto (come gli psicoterapeuti ad esempio) ma solo l’essere così preparati da evitare di creare un ulteriore danno su una già esistente frattura emotiva. Ad ogni soggetto che ha subito violenza deve essere chiaro che seguire un corso di difesa personale significa anche vivere degli allenamenti “corpo a corpo” che possono ricreare scene di aggressività verosimili. Detto questo, suppongo che il metodo Krav Maga sia tra i più accessibili, efficaci ed adattabili a qualsiasi situazione di reale pericolo. Non presuppone una buona prestanza fisica o abilità particolari. Con il proprio “corredo psicofisico”, da donna esile quanto da giovane uomo prestante, ci si può tranquillamente approcciare a questo metodo e “costruirsi” una nuova corazza fatta di tecnica funzionale”.

Praticare questi sport ha aiutato Consuelo Molonia a modificarsi caratterialmente, sviluppando un’autodisciplina che in passato non aveva. È vero che l’avanzare dell’età ti rende meno impulsivo ma misurarsi costantemente con delle discipline tanto strutturate l’ha portata a gestire molto meglio il suo impeto. Questo non significa che riesce ad eliminare le emozioni negative ma solo che ha imparato a stemperarle e canalizzarle.

“Ho amato  – spiega in conclusione – in modo talmente assoluto ciò che facevo che ho messo in standby il resto della mia vita per seguire questo progetto al meglio delle mie possibilità. Con sacrificio, abnegazione e tantissima passione. Un progetto davvero laborioso che va oltre la mera lezione di allenamento. Quella è solo uno step di un tutto fatto di studio e preparazione. Ho dovuto superare pregiudizi, ingoiare bocconi amari e confrontarmi con una realtà che, inizialmente, non conoscevo facendo parecchi errori. Ma avevo scelto di intraprendere questa strada ed ho studiato per farlo, spostando i miei orizzonti e oltrepassando tanti limiti. Ho ricordi importanti che mi legano a questo mondo. Mi piacerebbe, un domani ripartire da zero…con un bagaglio di esperienze e consapevolezze che ha il suo peso ma con gli occhi, il timore e lo stupore di chi prova a tirare un pugno al sacco per la prima volta”.

 

 

 

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